La vicenda delle banche in dissesto, il caso Etruria e la regolamentazione dei mercati finanziari
Nel 2017 è stata istituita una commissione d’inchiesta parlamentare per il fallimento nel 2015 e il conseguente salvataggio - nei limiti della legislazione europea che non consentiva un intervento finanziario diretto dello Stato - di alcune banche regionali. In sostanza, al di là degli eventuali profili penali o responsabilità dirette e indirette degli amministratori, si è cercato di stabilire se ci sono state delle responsabilità politiche per quanto accaduto alle decine di migliaia di clienti che hanno perso i loro risparmi. In sintesi, obbligazioni subordinate ad alto profilo di rischio sono state forzosamente vendute a clienti con basso profilo di rischio, spesso contravvenendo anche al principio di diversificazione. Più che una responabilità politica dei governi che hanno predisposto i salvataggi - non esistevano altri strumenti legislativi per procedere diversamente - è emersa una sottaciuta responsabilità del Parlamento e delle forze politiche che in passato non hanno mai voluto approvare una legge per regolamentare i conflitti d’interesse. Successivamente, lo Stato è intervenuto con un decreto per costituire e disciplinare le modalità di accesso a un fondo di indennizzo per i risparmiatori.
La commissione parlamentare d'inchiesta sulle banche, istituita con la legge n. 107 del 12 luglio 2017, incaricata di indagare sui fallimenti bancari degli ultimi anni e di accertare le eventuali responsabilità politiche, ha evidenziato per un verso le difficoltà degli organismi italiani di regolamentazione dei mercati finanziari e per l'altro verso la faziosità delle forze politiche, che brandendo questo tema per la lotta politica, hanno contribuito ad alimentare un clima di tensione e sentimenti di antipolitica.
In estrema sintesi, quanto accaduto ad alcune banche italiane è stata la conseguenza di procedure viziate sia nella erogazione dei prestiti (e nelle operazioni di investimento) che nella raccolta di denaro fresco dai risparmiatori. La crisi economica ha poi fatto da catalizzatore ingigantendo in modo insostenibile i danni causati da queste procedure poco trasparenti.
La crisi ha messo in ginocchio le banche che hanno prestato denaro a imprenditori che non davano sufficienti garanzie, che hanno effettuato operazioni finanziare scellerate, che hanno raccolto fondi dai risparmiatori approfittando di una posizione dominante, sfruttando a proprio favore regole che consentono la vendita di proprie azioni e obbligazioni ai propri clienti. In particolare, il rapporto viziato tra banche e risparmiatori è da rilevare nel venir meno del ruolo consulenziale degli operatori bancari che sembra siano stati indotti ad anteporre l'interesse della sopravvivenza della banca a quello del risparmiatore.
La regolamentazione dei mercati finanziari italiani consentiva, infatti, a una banca d'indebitarsi e di vendere essa stessa i propri titoli di debito direttamente ai propri clienti, in evidente conflitto d'interesse.
Non dovrebbe essere necessaria una commissione d'inchiesta per comprendere l'esistenza di un conflitto d'interesse di questa natura. Se le banche che si indebitano, invece di vendere direttamente i titoli emessi a copertura del proprio debito fossero obbligate a far vendere i propri titoli ad altri intermediari - come normalmente accade per le altre tipologie di aziende quotate in borsa che devono rivolgersi a intermediari finanziari (terzi) per vendere le proprie azioni e obbligazioni - il problema del rapporto viziato tra banca e risparmiatori non ci sarebbe stato.
Al di là delle forzature regolamentari, delle illegalità in fase di accertamento da parte della magistratura e delle conseguenti responsabilità penali, è risultato evidente che il ruolo regolamentare delle istituzioni preposte è stato carente.
Per quanto riguarda le responsabilità politiche, i partiti che hanno tentato di imputare al Governo, o addirittura ad alcuni membri dello stesso, la responsabilità delle crisi bancarie hanno cavalcato l'accresciuto conflitto sociale generato dalla crisi economica e alimentato sentimenti di antipolitica esclusivamente per fini propagandistici ed elettorali.
Una responsabilità politica indubbiamente esiste, ma come per molti temi della politica italiana ha riguardato la difficoltà di produrre leggi coerenti ed efficaci piuttosto che l'azione di governo e il potere esecutivo. Infatti, l'esigenza di migliorare la regolamentazione delle banche e dei mercati finanziari è una delle tante questioni insolute che ha afflitto l'economia italiana per lungo tempo, un problema amplificato dall'assenza di un'adeguata disciplina generale sul conflitto d'interesse, su una tematica resa ancora più impellente e complessa dai mutamenti intervenuti nei mercati finanziari internazionali con la globalizzazione.
I partiti politici, invece di affrettarsi a elaborare e approvare una buona legge sul conflitto d'interesse in Parlamento, hanno preferito azzuffarsi sul caso Boschi o sul capro espiatorio di turno e fare l'apologia dei risparmiatori truffati dalle banche - come se le responsabilità penali non fossero personali - alimentando così un conflitto finalizzato alla propaganda politica ma dannoso alla ricerca di soluzioni efficaci per i problemi del paese.
Riferimenti
- La Commissione sulle banche, spiegata
- Bankitalia e Consob agli stracci sulle banche venete
- Etruria, Vegas riaccende il caso Boschi
- 'Incontrai i vertici di Banca Etruria a casa Boschi, c'era anche la ministra ma non parlò'
- Caso Banca Etruria: la difesa della Boschi in cinque punti
- Banche, Gentiloni: Boschi ha chiarito, sarà candidata del Pd
- Casini: senza campagna elettorale, impatto Boschi a zero
- Le conclusioni della Commissione d’inchiesta sulle banche
- Allegato 1 - Relazione conclusiva approvata dalla Commissione nella seduta del 30 gennaio 2018