Elezioni politiche 2013: chi ha vinto
La situazione politica dopo le elezioni appariva confusa, ma l’aspetto più preoccupante del quadro parlamentare era la mancanza di prospettive politiche plausibili. Infatti, da un punto di vista strettamente politico, i risultati elettorali non avevano determinato nè chiare vittorie, nè palesi sconfitte dei principali partiti, con la conseguenza che nessuno di loro era disposto a fare un passo indietro o di lato per consentire la formazione di una maggioranza parlamentare. La compagine dei partiti italiani si avviava verso un sistema politico tripolare, con un polo estremamente determinato a restare isolato in contraddizione con la logica propria della forma di governo parlamentare, che in teoria spinge i partiti politici rappresentati in Parlamento a collaborare o con la maggioranza o con l’opposizione.
Rispetto alle previsioni dei sondaggi elettorali le elezioni politiche del 2013 hanno riservato non poche sorprese e sono state caratterizzate dall'impressionante ascesa del Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo, il primo partito alla Camera dei Deputati con il 25,55% dei consensi.
Queste elezioni hanno anche materializzato lo spettro dell'ingovernabilità, proprio nel momento più delicato della crisi economica italiana, in una situazione di incertezza in tutta Europa e a ridosso della scadenza (15 maggio 2013) del settennato del Presidente della Repubblica. La frammentazione dei partiti in Senato e la posizione contraria a ogni alleanza del Movimento 5 Stelle rendevano, infatti, estremamente difficile la possibilità di formare una maggioranza parlamentare e un governo. La coalizione di centrosinistra, autosufficiente alla Camera dei Deputati grazie al premio di maggioranza , non era riuscita a ottenere un numero di seggi sufficiente per formare una maggioranza in Senato, nonostante il sostegno della coalizione guidata da Mario Monti. Un ritorno alle urne era escluso dalla impossibilità del Presidente della Repubblica di sciogliere le Camere, in quanto mancavano meno di sei mesi alla scadenza del suo mandato (il cosiddetto "semestre bianco"). Alla fine di Marzo, dopo che anche il secondo giro di consultazioni del Presidente della Repubblica era andato a vuoto, lo stallo era totale.
Gli aspetti più significativi dei risultati elettorali delle elezioni politiche del 2013 possono essere così sintetizzati:
- la "non vittoria" della coalizione di Centrosinistra che, sebbene formalmente vincitrice poiché aveva ottenuto la maggioranza relativa dei voti sia alla Camera che al Senato, aveva di fatto conseguito un pessimo risultato sia perché godeva di un forte vantaggio nei sondaggi elettorali fino a 15 giorni prima delle elezioni, sia perché non era riuscita a raggiungere la maggioranza assoluta dei seggi in Senato;
- la "non sconfitta" della coalizione di Centrodestra che sebbene avesse perso più di un terzo del suo elettorato nel confronto con le politiche del 2008, rispetto alle previsioni dei sondaggi della metà di Gennaio aveva guadagnato diversi punti percentuali tanto da ridurre lo scarto dei voti con il Centrosinistra alla Camera a solo lo 0,36%, pari a circa 124.000 voti, ed era riuscita a conquistare le regioni determinanti per l'elezione dei senatori così da ottenere un numero di seggi sufficiente a impedire la formazione di una maggioranza assoluta di Centrosinistra;
- la deludente prestazione della coalizione di Mario Monti che era riuscita a superare per un soffio le soglie di sbarramento fissate al 10% per le coalizioni alla Camera e all’8% per le liste in Senato;
- la sconfitta della lista Rivoluzione Civile di Ingroia e Di Pietro che restavano fuori dal Parlamento non avendo raggiunto la soglia del 4%.
Restavano fuori dal parlamento anche la lista Fare per Fermare il Declino e Gianfranco Fini la cui lista, Futuro e Libertà, era aggregata alla coalizione di Mario Monti.
Il Movimento 5 Stelle appariva come il vero vincitore poltico poiché aveva superato di gran lunga le più rosee previsioni dei sondaggi elettorali, avendo ottenuto una percentuale di voti e di seggi sia alla Camera che al Senato superiore a qualsiasi aspettativa. Un risultato giudicato "storico" da autorevoli commentatori, in particolare per la rapida ascesa che aveva portato il Movimento 5 Stelle a diventare il singolo partito con la maggiore percentuale di voti ottenuti alla Camera dei Deputati (considerando che il sistema elettorale premiava le coalizioni).
Oltre alla strategia comunicativa vincente del centrodestra, che aveva furbescamente addossato tutte le responsabilità delle riforme impopolari del governo tecnico di Mario Monti al centrosinistra, e alla mancanza di reattività del Partito Democratico, che non aveva saputo imporre la sua agenda elettorale pur essendo in forte vantaggio nei sondaggi, altri due aspetti delle strategie di comunicazione politica contribuirono a determinare i sudddetti risultati elettorali. Il primo, ovvia e diretta conseguenza della strategia di comunicazione del centrodestra, fu che la coalizione di Mario Monti non riuscì nell'intento di attrarre l’elettorato moderato di centrodestra. Il secondo, vista la mancanza di incisività nella comunicazione del Partito Democratico, fu che il Movimento 5 Stelle riuscì a drenare voti soprattutto dal bacino elettorale di sinistra in quanto molti elettori erano rimasti delusi dall'atteggiamento del PD, giudicato troppo accomodante nei confronti di Berlusconi e del centrodestra.