L'elezione del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e la rottura del patto del Nazareno
L’elezione del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, si svolse all’inizio del 2015 dopo le dimissioni sostanzialmente programmate di Giorgio Napolitano che meno di due anni prima, nell’accettare il suo secondo mandato, aveva dichiarato la sua indisponibilità a completare il settennato. Anche se la situazione politica in Parlamento non era particolarmente conflittuale e la crisi economica italiana sembrava ormai in via di superamento, permanevano forti conflittualità all’interno di entrambi gli schieramenti di centrodestra e di centrosinistra mentre il Movimento 5 Stelle, che ormai si configurava come il terzo polo, continuava la sua battaglia isolazionista e antisistema alimentando sentimenti di antipolitica. La candidatura e l’elezione di Sergio Mattarella si svolse tutto sommato in modo ordinato e senza intoppi, tuttavia nel centrodestra emerse un conflitto interno che indusse Forza Italia a criticare il metodo scelto da Matteo Renzi per la candidatura di Sergio Mattarella, un pretesto per avviare un cambio di rotta riguardo alla collaborazione con il centrosinistra sulle riforme istituzionali.
L'elezione del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, si è svolta tra il 29 ed il 31 Gennaio 2015, dopo le dimissioni di Giorgio Napolitano avvenute il 14 Gennaio e con cinque anni di anticipo rispetto alla scadenza naturale del mandato. Le dimissioni di Giorgio Napolitano non sono state una sorpresa poiché egli stava esercitando il secondo mandato, caso unico nella storia della Repubblica Italiana, dopo una rielezione accettata con molte riserve.
Al Partito Democratico, essendo la principale componente della maggioranza parlamentare, spettava l'onere di incontrare le delegazioni degli altri partiti, ad eccezione del Movimento 5 Stelle che si chiamò fuori, e di proporre una personalità in grado di raccogliere il più ampio consenso del Parlamento in seduta comune integrato dai delegati regionali.
I colloqui tra partiti politici fecero emergere l'esigenza di affidare la Presidenza della Repubblica ad una figura di estrazione politica, di profilo internazionale e che non fosse contigua al Governo Renzi e al patto del Nazareno, ovvero in parziale discontinuità con la strategia che Giorgio Napolitano aveva impiegato per far uscire le istituzioni democratiche dalla situazione di "impasse" che si era determinata dopo le elezioni politiche del 2013.
La personalità individuata dal Partito Democratico fu Sergio Mattarella, giudice della Corte Costituzionale dal 2011, la cui candidatura fu ufficialmente proposta da Matteo Renzi il 29 Gennaio all'assemblea degli elettori del PD. Tuttavia, per non rischiare di bruciare la candidatura di Sergio Mattarella, il Partito Democratico, memore della precedente elezione presidenziale, decise che lo avrebbe votato solo a partire dalla quarta votazione, cioè quando il quorum si fosse abbassato alla maggioranza assoluta dei componenti l'assemblea, mentre nei primi tre scrutini avrebbe votato scheda bianca.
La candidatura di Sergio Mattarella aveva le potenzialità per mettere d'accordo la maggior parte dei partiti politici e in effetti Mattarella fu eletto Presidente della Repubblica Italiana il 31 Gennaio 2015 con un'ampia condivisione testimoniata dai 665 voti a favore, pari a poco meno di due terzi dell'assemblea elettiva.
Tuttavia, la convergenza su Sergio Mattarella non fu così ampia come avrebbe voluto il Partito Democratico, poiché fece emergere un problema politico che ormai da tempo agitava le acque nel centrodestra, dove i conflitti sulla leadership sia della coalizione che di Forza Italia si intrecciavano con la linea politica da seguire sulle alleanze.
Infatti, da un lato lo storico alleato di Forza Italia, la Lega Nord, aveva avviato una svolta a destra che escludeva qualsiasi contatto con le forze di centro disposte a sostenere anche temporaneamente una alleanza con il centrosinistra trascinandosi dietro Fratelli d'Italia, dall'altro il Nuovo Centrodestra e parte di Forza Italia erano invece più propense a difendere e presidiare lo spazio elettorale del centro moderato, tradizionalmente occupato dalle forze politiche alleate del centrodestra e dalla stessa Forza Italia.
E fu, infatti, dentro Forza Italia che la spaccatura divenne più evidente con una parte del partito che avrebbe voluto convergere sull'elezione di Sergio Mattarella a presidente, mentre un'altra parte era pronta ad approfittare di questa occasione per una resa dei conti che, come accennato, non riguardava solamente la strategia politica sulle alleanze ma anche e forse soprattutto la successione alla leadership di Berlusconi in Forza Italia e nel centrodestra.
E così, mentre il Partito Democratico aveva ritrovato la sua unità attorno alla candidatura di Sergio Mattarella, Silvio Berlusconi dovette faticare parecchio per evitare che le divisioni dentro Forza Italia esplodessero rischiando di spaccare il partito, dopo che già c'era stata la rottura ed il conseguente dissolvimento del Popolo della Libertà.
Silvio Berlusconi riuscì a trovare un compromesso riguardo l'elezione del Presidente della Repubblica dichiarando che Forza Italia al quarto scrutinio avrebbe votato scheda bianca, sebbene nel segreto dell'urna arrivarono decine di voti a favore di Mattarella anche da Forza Italia, ma non riuscì a salvare il patto del Nazareno con il Partito Democratico.
In effetti, la candidatura di Sergio Mattarella a Presidente della Repubblica non era stata così dirompente come alcuni esponenti di Forza Italia vollero far credere, tant'è vero che successivamente la responsabilità della rottura del patto del Nazareno fu scaricata su Matteo Renzi, accusato di non aver rispettato il patto non tanto per la candidatura di Sergio Mattarella quanto per il metodo utilizzato nella scelta.