Gli avvenimenti politici degli ultimi decenni che hanno cambiato gli equilibri politici e istituzionali del paese e caratterizzato l’evoluzione della repubblica democratica italiana.
Periodo di riferimento: 1948 - 1980
Mentre le origini dello Stato italiano possono essere fatte risalire intorno all’anno mille, la nascita della Repubblica italiana è relativamente recente. La Costituzione della Repubblica italiana fu promulgata il 27 Dicembre 1947 dal capo provvisorio dello Stato, Enrico De Nicola, ed entrò in vigore il 1° Gennaio 1948. L’attuazione della Costituzione repubblicana fu uno dei nodi cruciali per l’evoluzione democratica del paese.
Periodo di riferimento: 1949 - 1989
Almeno fino ai primi anni ‘90 la vita politica italiana è stata pesantemente condizionata dalla guerra fredda tra USA e URSS. La presenza del partito comunista più potente dell’occidente, il ruolo strategico dell’Italia nel mediterraneo e gli eventi storici conseguenti alla liberazione dall’occupazione nazista da parte degli americani avevano, di fatto, traslato parte del conflitto geopolitico mondiale nel conflitto politico interno al paese. Anche le istituzioni repubblicane risentirono di questa particolare situazione. Ad esempio, l’endemica diffusione di pratiche clientelari e corruzione, che per un lungo periodo ha pervaso il sistema politico-economico e la pubblica amministrazione italiana, era legata a doppio filo con la proliferazione dei centri di potere all’interno dell’organizzazione dello stato.
Periodo di riferimento: 1990 - 2013
Seconda Repubblica è la locuzione impropriamente utilizzata dai mass-media per indicare la trasformazione del sistema politico italiano avvenuta dopo il crollo del muro di Berlino e la fine della guerra fredda. Questa definizione, infatti, non descrive un cambiamento delle istituzioni democratiche italiane ma solamente un cambiamento della legge elettorale e del sistema dei partiti. E' stato comunque un cambiamento consistente poiché ha reso possibile l’alternanza delle forze politiche alla guida del paese.
Periodo di riferimento: 1990 - 2013
Tangentopoli è un insieme di inchieste giudiziarie che a partire dal 1992 ha travolto il sistema politico italiano determinando l’arresto e la condanna di una parte della classe dirigente - politica e imprenditoriale - che fino ad allora aveva guidato il paese. Le inchieste di tangentopoli, soprannominate “Mani pulite”, hanno certificato il sistema di finanziamento privato e occulto dei partiti politici, basato su tangenti diffuse a tutti i livelli e di cui quasi tutti i politici erano a conoscenza. Questo contesto favoriva, ovviamente, anche la corruzione e il clientelismo a fini personali nonché la mancanza di trasparenza nelle decisioni politiche a discapito della collettività e dei cittadini.
Periodo di riferimento: 1992 - 2014
La seconda repubblica è stata caratterizzata da un conflitto ideologico anacronistico che ha mascherato i fallimenti e la mancanza di progettualità e capacità della classe politica. Lo scontro tra destra e sinistra è stato condizionato da ingombranti eredità storiche e dall’incapacità di cogliere i mutamenti avvenuti nella società italiana. In quegli anni sono state gettate le basi del cosiddetto populismo che successivamente ha pervaso la politica italiana e generato un nuovo temporaneo cambiamento di assetto del sistema partitico.
Periodo di riferimento: 2007 - 2008
Mentre in Italia si consumava uno scontro politico che a livello internazionale appariva quantomeno provinciale se non addirittura grottesco, mentre gli altri peasi europei crescevano in media più dell’Italia e avevano già attuato le principali riforme richieste dall’UE per l’integrazione economica conseguentemente all’adozione della moneta unica, sopraggiungeva anche in Italia l’eco della crisi finanziaria internazionale del 2007. Il sistema finanziario italiano, ancora poco globalizzato, non subì contraccolpi nell’immediato ma le conseguenze sarebbero arrivate più tardi, quando la crisi finanziaria si sarebbe riversata sulle economie reali dei paesi che avevano rapporti commerciali con l’Italia.
Periodo di riferimento: 2008 - 2014
Come il crollo della borsa di Wall Street nel 1929, la crisi finanziaria del 2007 contagiò inesorabilmente le economie reali dei principali paesi occidentali. E poiché nell’economia globale le importazioni di un paese costituiscono le esportazioni di numerosi altri paesi, la crisi dei consumi nei paesi più ricchi si diffuse a macchia d’olio nel resto del mondo. A fine 2010 le conseguenze di questa crisi erano ormai in via di soluzione e quasi tutte le economie reali coinvolte avevano ripreso a crescere. Tuttavia, si verificò un’altra crisi finanziaria che riguardava i bilanci pubblici dei paesi con un debito pubblico molto elevato e una crescita economica scarsa o assente: la crisi dei debiti sovrani del 2011. Non fu una crisi globale ma una successione di crisi finanziarie nazionali - probabilmente innescate da una generale crescita del fabbisogno finanziario degli stati europei anche in conseguenza dei salvataggi bancari successivi alla crisi del 2007 - che coinvolse anche l’Italia. La crisi del debito sovrano italiano provocò le dimissioni del governo in carica (Berlusconi IV) e fu superata attraverso la formazione di un governo tecnico di emergenza (Monti) che fosse in grado di salvare i conti pubblici, ma senza penalizzare troppo le possibilità di ripresa economica considerato che l’economia reale era in recessione.
Periodo di riferimento: 2011 - 2013
Il Parlamento italiano per non essere sopraffatto dalla crisi delle finanze pubbliche ovvero da un possibile default dello Stato italiano, che avrebbe avuto conseguenze disastrose e perduranti sull’economia reale, approvò quasi plebiscitariamente la fiducia al Governo Monti: 281 sì, 25 no e nessun astenuto in Senato e 556 sì, 61 no e nessun astenuto alla Camera. Evidentemente, la situazione finanziaria del paese aveva raggiunto un livello di allarme gravissimo e, al contrario di altri paesi che avevano chiesto aiuti e prestiti alle istituzioni finanziarie europee e internazionali, un eventuale richiesta di aiuti da parte dell’Italia avrebbe quasi certamente aggravato la situazione. Infatti, la crisi delle finanze pubbliche italiane, oltre cha da fattori esterni, era fortemente condizionata da una crisi di fiducia da parte dei mercati e delle stesse istituzioni europee e internazionali nei confronti del governo in carica. Per questo motivo fu nominato Presidente del Consiglio Mario Monti - stimato in Europa per aver ricoperto gli incarichi di Commissario europeo per il mercato interno e di Commissario europeo per la concorrenza - al fine di attuare alcune riforme impopolari mirate a sanare i conti pubblici e riguadagnare la fiducia dei mercati finanziari e delle istituzioni europee e internazionali.
Periodo di riferimento: 2000 - 2014
L’economia italiana ha dovuto fronteggiare due shock economici - le conseguenze della crisi finanziaria del 2007 e la crisi dei debiti sovrani del 2011 - mentre era ormai da tempo in stagnazione, gravata da evidenti problemi strutturali. Infatti, la crisi del sistema economico italiano matura lentamente a partire dai primi anni del 2000 sia per l’assenza delle riforme necessarie a rendere più competitivo il sistema nel suo complesso, sia per la sottovalutazione dei cambiamenti generati dalla crescente globalizzazione e dall’adozione dell’Euro, una moneta forte che avrebbe ovviamente favorito l’importazione di semilavorati a basso costo a scapito della produzione locale in conto terzi. Nessuna politica economica fu predisposta per guidare o aiutare le imprese a gestire i cambiamenti del contesto economico.
Periodo di riferimento: 2014
Durante gli anni di recessione dell’economia italiana, le conseguenze delle due crisi finanziarie - quella del 2007 e quella dei debiti sovrani del 2011 - sono state spesso additate dai mass-media e dai partiti politici come le cause principali della crisi economica italiana. Invece, la crisi dell’economia italiana aveva radici più profonde, tant’è vero che il superamento delle conseguenze della crisi finanziaria del 2007 (le esportazioni italiane a fine 2010 si erano già riprese) e il progressivo allentamento della stretta creditizia provocata dalla crisi delle finanze pubbliche del 2011 non determinarono automaticamente la fine della crisi dell’economia italiana, che si protrasse fino al 2014. L’assenza di crescita dell’economia italiana era determinata da fattori interni e per risolvere la crisi economica sarebbe stato necessario intervenire su questi fattori.
Periodo di riferimento: 2013
Mentre la crisi economica perdurava, per le elezioni politiche del 2013 i partiti politici erano organizzati in coalizioni “di governo”, ovvero coalizioni che si candidavano a diventare maggioranza parlamentare e che esprimevano un candidato alla Presidenza del Consiglio già prima delle elezioni. Si votava, infatti, con la legge elettorale soprannominata “Porcellum” che implementava un sistema elettorale misto prevalentemente maggioritario. La coalizione di centrodestra dopo il fallimento del IV governo Berlusconi e l’intervento emergenziale del Governo Monti era in affanno, ma giocando di anticipo prese furbescamente le distanze dal governo tecnico che aveva varato riforme impopolari lasciando il centrosinistra con il cerino in mano. Il Partito Democratico non reagì prontamente, probabilmente confidando in una facile vittoria, e subì una campagna elettorale dominata dai soliti luoghi comuni estrapolati da un anacronistico conflitto ideologico tra destra e sinistra. Ma c’era un terzo incomodo, il Movimento 5 Stelle, che si candidava alle elezioni in solitudine, ovvero senza tener conto del sistema elettorale maggioritario, e forse anche per questo motivo fu del tutto sottovalutato da entrambe le coalizioni.
Periodo di riferimento: 2013
I risultati delle elezioni politiche del 2013 disegnarono un quadro politico parlamentare inaspettato e sconcertante. La coalizione di centrosinistra ottenne la maggioranza assoluta dei seggi alla Camera dei Deputati, grazie al premio di maggioranza implementato dalla legge elettorale, ma in Senato l’apporto dei seggi della lista del Presidente del Consiglio uscente Mario Monti non fu sufficiente a raggiungere la maggioranza assoluta. Il Movimento 5 Stelle ottene un consistente e imprevisto numero di seggi ma, come esplicitamente dichiarato in campagna elettorale, era intenzionato a rifiutare qualsiasi proposta di alleanza.
Periodo di riferimento: 2013
La situazione politica dopo le elezioni appariva confusa, ma l’aspetto più preoccupante del quadro parlamentare era la mancanza di prospettive politiche plausibili. Infatti, da un punto di vista strettamente politico, i risultati elettorali non avevano determinato nè chiare vittorie, nè palesi sconfitte dei principali partiti, con la conseguenza che nessuno di loro era disposto a fare un passo indietro o di lato per consentire la formazione di una maggioranza parlamentare. La compagine dei partiti italiani si avviava verso un sistema politico tripolare, con un polo estremamente determinato a restare isolato in contraddizione con la logica propria della forma di governo parlamentare, che in teoria spinge i partiti politici rappresentati in Parlamento a collaborare o con la maggioranza o con l’opposizione.
Periodo di riferimento: 2013
In molti hanno rimproverato al segretario del Partito Democratico, Pier Luigi Bersani, di aver tentato di intavolare una trattativa con il Movimento 5 Stelle poiché la situazione politica che si era consolidata durante la campagna elettorale, considerando in prospettiva le ambizioni elettorali dei partiti, non lasciava spazi di manovra. Il Movimento 5 Stelle auspicava un accordo anche parziale tra il centrosinistra e il centrodestra per poterlo propagandare come una conferma dell’esistenza dei cosiddetti “inciuci” a tutela della casta dei politici di professione e dell’establishment economico finanziario. D’altro canto, un accordo del Partito Democratico con il Popolo della Libertà e Berlusconi avrebbe probabilmente causato l’immediata scissione delle due anime del PD. Il centrodestra, invece, aveva messo il veto su un eventuale secondo governo tecnico poiché in campagna elettorale aveva ripudiato il governo Monti. La strategia di Bersani era in fondo un’opzione possibile anche se impraticabile per ribadire che il partito Democratico era, a differenza delle altre forze politiche, “responsabile”.
Periodo di riferimento: 2013
Considerata la situazione di stallo del Parlamento per la formazione di un nuovo governo e la prossimità della fine del suo mandato (15 Maggio), il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, prese un’iniziativa piuttosto inconsueta per evitare che la crisi di governo si trascinasse fino all’estate, vanificando in tal caso i sacrifici richiesti agli italiani dal governo Monti e approvati dal Parlamento al fine di sanare la situazione economica e finanziaria del paese. Dopo aver nominato una commissione di 10 saggi con l’intento di individuare delle proposte programmatiche condivisibili dalle forze politiche parlamentari, Giorgio Napolitano rassegnò le dimissioni. L’elezione del nuovo Presidente della Repubblica avrebbe dovuto sbloccare anche la formazione di un nuovo governo. Al Partito Democratico, che aveva la maggioranza assoluta alla Camera dei Deputati e quella relativa al Senato, spettava il ruolo di apripista ma a causa di conflitti interni entrò in stato confusionale. Fu come se un corto circuito tra i partiti in Parlamento avesse generato un blackout dell’intero sistema politico. Per superare l’impasse tutti i partiti politici, fortemente disorientati e incapaci di trovare autonomamente una soluzione, scelsero di affidarsi nuovamente a Giorgio Napolitano e di incamminarsi sul percorso tracciato dalla commissione dei 10 saggi.
Periodo di riferimento: 2013 - 2014
Con la rielezione di Giorgio Napolitano a Presidente della Repubblica le forze politiche parlamentari avevano accettato, come unica soluzione possibile, il percorso iniziato dalla commissione dei 10 saggi di una trattativa tra centrosinistra e centrodestra per la formazione del nuovo governo. Il Presidente della Repubblica, che aveva contribuito al superamento delle reciproche diffidenze tra i due schieramenti, divenne il garante del nuovo Governo Letta definito, infatti, Governo del Presidente, ma anche Governo delle larghe intese poiché mirato a far convergere con la più ampia condivisione possibile forze politiche tradizionalmente contrapposte sull’obiettivo della ripresa economica, obiettivo collegato a doppio filo con le ormai improcrastinabili riforme strutturali tra cui quella delle istituzioni, fondamentale per evitare le sempre più probabili situazioni di stallo politico del Parlamento. Tuttavia, i contrasti interni al Partito Democratico non erano affatto sopiti e il Governo Letta, parzialmente paralizzato da questo conflitto in particolare per quanto riguarda le riforme, riuscì a malapena a sopravvivere al cambio di maggioranza parlamentare determinato dalle vicende processuali di Silvio Berlusconi attraverso la scissione del Popolo della Libertà. L’urgenza di proseguire sulla strada delle riforme, per le quali era necessaria un’ampia condivisione, determinò l’ascesa di Matteo Renzi a segretario del Partito Democratico e poco dopo la fine del Governo Letta.
Periodo di riferimento: 2014 - 2016
Per un certo periodo di tempo Matteo Renzi è apparso all’opinione pubblica e a buona parte della classe dirigente italiana come l’uomo giusto nel posto giusto, ovvero come il personaggio politico in grado di svecchiare il Partito Democratico e le stesse istituzioni della repubblica. In questo racconto il termine “svecchiare” appare particolarmente significativo, sia perché riferito alla necessità di aggiornare la piattaforma politica del PD e l’immobilismo delle istituzioni italiane, sia perché evocativo del registro comunicativo utilizzato da Matteo Renzi che faceva leva anche su dati anagrafici, ad esempio con la metafora della “rottamazione”, termine poi giudicato offensivo da alcuni membri anziani del Partito Democratico. Sebbene lo stile di comunicazione irriverente e provocatorio di Matteo Renzi fosse coerente con il richiamo al conflitto generazionale, successivamente fu oggetto di incomprensioni e aspre critiche spesso pretestuose, considerato che Matteo Renzi è stato il più giovane Presidente del Consiglio italiano. La formazione del governo Renzi ebbe un forte sostegno dell’opinione pubblica e dalla classe dirigente del paese poiché il nuovo esecutivo nasceva con l’intento di attuare le riforme economiche e istituzionali, attraverso un’operazione politica di ri-allargamento del consenso parlamentare quantomeno attorno alle riforme istituzionali, consenso che era venuto a mancare durante il governo Letta. La nomina a capo del governo avveniva a circa un’anno di distanza dalla sua elezione a segretario del Partito Democratico, avvenuta il 15 Dicembre 2013 dopo aver ottenuto una schiacciante maggioranza (il 67,5% dei voti) alle primarie che erano state convocate a distanza di un solo anno dalle precedenti, a causa delle dimissioni dei vertici del PD in seguito alle farraginose strategie del PD per le elezioni, politiche e del presidente della repubblica, del 2013.
Periodo di riferimento: 2015
L’elezione del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, si svolse all’inizio del 2015 dopo le dimissioni sostanzialmente programmate di Giorgio Napolitano che meno di due anni prima, nell’accettare il suo secondo mandato, aveva dichiarato la sua indisponibilità a completare il settennato. Anche se la situazione politica in Parlamento non era particolarmente conflittuale e la crisi economica italiana sembrava ormai in via di superamento, permanevano forti conflittualità all’interno di entrambi gli schieramenti di centrodestra e di centrosinistra mentre il Movimento 5 Stelle, che ormai si configurava come il terzo polo, continuava la sua battaglia isolazionista e antisistema alimentando sentimenti di antipolitica. La candidatura e l’elezione di Sergio Mattarella si svolse tutto sommato in modo ordinato e senza intoppi, tuttavia nel centrodestra emerse un conflitto interno che indusse Forza Italia a criticare il metodo scelto da Matteo Renzi per la candidatura di Sergio Mattarella, un pretesto per avviare un cambio di rotta riguardo alla collaborazione con il centrosinistra sulle riforme istituzionali.
Periodo di riferimento: 2016
L’elaborazione di una riforma della Costituzione della Repubblica italiana mirata a eliminare il bicameralismo perfetto per rendere il Parlamento più efficiente era l’obiettivo principale per cui era nato il governo Renzi. Il discorso programmatico del Presidente del Consiglio per la richiesta di fiducia alle camere non lascia dubbi in proposito. La formazione del governo Renzi avrebbe dovuto creare le condizioni affinchè il Parlamento potesse varare, principalmente attraverso la collaborazione tra Partito Democratico e Forza Italia, una riforma costituzionale. E in effetti la legge costituzionale di riforma fu approvata il 12 Aprile 2016, ma con una maggioranza inferiore ai due terzi delle camere per cui si rendeva necessario sottoporla a referendum confermativo per poterla promulgare. Probabilmente da un punto di vista tecnico questa legge non era riuscita benissimo, anche perché la trasformazione del Senato in camera delle autonomie regionali comportò la necessità di modificare in modo consistente il Titolo V della Costituzione, ovvero i rapporti fra lo Stato e gli enti locali. Tuttavia, questa riforma naufragò principalmente per motivi politici. In parte perché una controversa legge elettorale a doppio turno con ballottaggio per l’elezione del Parlamento (soprannominata Italicum) fu approvata in anticipo rispetto alla riforma della Costituzione. E questa legge elettorale sarebbe entrata in vigore automaticamente dopo la promulgazione della riforma costituzionale minando la rappresentatività del Parlamento, già ridimensionato dalla riforma. Per l’altra parte, le forze politiche di opposizione al governo e di opposizione interna alla direzione del Partito Democratico strumentalizzarono il referendum confermativo per provocare la crisi del Governo Renzi.
Periodo di riferimento: 2016
Il referendum confermativo del 4 Dicembre 2016 sancì la bocciatura della riforma costituzionale già approvata dal Parlamento. Tuttavia, questo evento referendario costituisce un esempio di come i partiti politici possano strumentalizzare ai fini della lotta politica questo istituto di partecipazione popolare. E', infatti, innegabile come la finalità del referendum confermativo del 2016 sia stata palesemente distorta: l’obiettivo dei partiti politici ingenuamente dichiarato sia in campagna elettorale che nei primi commenti dopo il risultato referendario è stato quello di “mandare a casa il governo Renzi” piuttosto che di mettere i cittadini in condizione di valutare nel merito la legge di riforma delle istituzioni.
Periodo di riferimento: 2016 - 2018
Paolo Gentiloni è stato il terzo Presidente del Consiglio della XVII legislatura dopo Enrico Letta e Matteo Renzi. Rispetto ai due precedenti esecutivi, entrambi caratterizzati anche se in modi differenti dalle cosiddette “larghe intese”, il governo Gentiloni è stato sostenuto da una maggioranza parlamentare ormai consolidata, poiché le dimissioni di Matteo Renzi, come anche quelle di Enrico Letta, non furono determinate da un cambiamento sostanziale della maggioranza parlamentare.
Periodo di riferimento: 2013 - 2018
Durante la XVII legislatura alcuni malfunzionamenti del sistema parlamentare italiano sono stati aggravati dall’instabilità del sistema politico. La legislatura è iniziata con una situazione di stallo del Parlamento sia per la formazione del governo che per l’elezione del Presidente della Repubblica e che ha indotto i partiti politici a ri-eleggere Giorgio Napolitano per un secondo mandato. Paradossalmente, sebbene in questa legislatura ci sia stato un solo effettivo cambio di maggioranza che non ha provocato una crisi di governo, si sono succeduti tre governi principalmente a causa del conflitto interno al Partito Democratico. La proliferazione di gruppi parlamentari scollegati dai partiti politici ha fortemente indebolito la rappresentanza democratica, poiché l’abuso di questa prerogativa consentita dai regolamenti parlamentari recide il rapporto tra gli elettori e i partiti politici votati.
Periodo di riferimento: 2015 - 2017
Nel 2017 è stata istituita una commissione d’inchiesta parlamentare per il fallimento nel 2015 e il conseguente salvataggio - nei limiti della legislazione europea che non consentiva un intervento finanziario diretto dello Stato - di alcune banche regionali. In sostanza, al di là degli eventuali profili penali o responsabilità dirette e indirette degli amministratori, si è cercato di stabilire se ci sono state delle responsabilità politiche per quanto accaduto alle decine di migliaia di clienti che hanno perso i loro risparmi. In sintesi, obbligazioni subordinate ad alto profilo di rischio sono state forzosamente vendute a clienti con basso profilo di rischio, spesso contravvenendo anche al principio di diversificazione. Più che una responabilità politica dei governi che hanno predisposto i salvataggi - non esistevano altri strumenti legislativi per procedere diversamente - è emersa una sottaciuta responsabilità del Parlamento e delle forze politiche che in passato non hanno mai voluto approvare una legge per regolamentare i conflitti d’interesse. Successivamente, lo Stato è intervenuto con un decreto per costituire e disciplinare le modalità di accesso a un fondo di indennizzo per i risparmiatori.
Periodo di riferimento: 2017
Il processo di approvazione e i contenuti della legge elettorale n. 165 del 3 novembre 2017 hanno per l’ennesima volta evidenziato l’endemica difficoltà dei partiti italiani presenti in Parlamento a confrontarsi in maniera costruttiva sulla disciplina delle elezioni, ovvero le norme a cui tutte le forze politiche devono attenersi per la presentazione delle candidature, lo svolgimento delle elezioni e l’assegnazione dei seggi. Anche in questo caso, il governo è dovuto intervenire consistentemente per spingere il sistema politico a trovare una mediazione tra opinioni e istanze diverse. Il compromesso è stato raggiunto al ribasso per cui il risultato non è stato né organico né coerente.
Periodo di riferimento: 2017 - 2018
Con la promulgazione della nuova legge elettorale Rosatellum bis per le elezioni politiche del 2018, fu abbandonato il sistema elettorale prevalentemente maggioritario in favore di un sistema, sempre misto, ma prevalentemente proporzionale. La logica alla base di questo sistema elettorale appare incoerente - a che pro implementare una quota di maggioritario se poi è “minoritaria” - ma evidentemente si è trattato di una scelta di compromesso. In ogni caso, la presenza della quota maggioritaria aprì una discussione sulle opportunità di formare delle coalizioni elettorali, tra l’altro in un sistema dei partiti tripolare dove le istanze politiche dei cittadini non sembravano più corrispondere alla classica contrapposizione tra destre e sinistre tradizionali. Infatti, la crescita nei sondaggi del Movimento 5 Stelle aveva evidenziato la forte presenza nella società italiana, esasperata dagli effetti non ancora sopiti della crisi economica, di un’insofferenza nei confronti dell’establishment che non era riuscito a prevenire o a lenire adeguatamente gli effetti nefasti della recessione. Questa situazione sociale si stava traducendo in un conflitto tra forze politiche riformiste o moderate e forze politiche radicali o estreme, dove l’estremismo non si riferisce al metodo di lotta politica ma a un diffuso sentimento di antipolitica. I partiti di sinistra, di fronte a questa evoluzione del quadro politico e sociale, hanno mostrato una certa incapacità di elaborare nuove idee e piattaforme politiche innovative e sono sembrati piuttosto impotenti.
Periodo di riferimento: 2013 - 2018
Dopo le elezioni del 2013 e per tutto il corso della XVII legislatura, la politica italiana è rimasta disorientata dal sistema dei partiti tripolare generato dall’ascesa del Movimento 5 Stelle e dall’incertezza causata dalla parziale incostituzionalità delle varie leggi elettorali. Infatti, il Movimento 5 Stelle dopo il successo elettorale delle trascorse elezioni politiche era dato in ulteriore crescita nei sondaggi e continuava a proporsi come un movimento trasversale, profondamente diverso dalle altre forze politiche e incompatibile con entrambe le coalizioni.
Periodo di riferimento: 2018
A causa dell’ambiguità della nuova legge elettorale Rosatellum bis, che implementava una quota minoritaria di seggi (circa un terzo) asssegnati con il maggioritario, le strategie dei partiti per la presentazione delle liste di candidati alle elezioni furono incoerenti. Il Movimento 5 Stelle adottò una strategia di presentazione delle liste tiptica dei sistemi proporzionali mentre il centrodestra adottò una strategia tipica dei sistemi maggioritari. Tra i due estremi, i partiti di centrosinistra che formarono due coalizioni elettorali distinte.
Periodo di riferimento: 2018
Come era forse intuibile, la legge elettorale sostanzialmente proporzionale ma con un terzo dei seggi assegnati con il maggioritario restituì due vincitori: il Movimento 5 Stelle era diventato il primo partito italiano sia alla Camera dei Deputati che al Senato per quanto riguarda le percentuali di voto rilevabili dal proporzionale e quasi il doppio dei parlamentari rispetto al primo partito del centrodestra che, invece, era la coalizione vincente con il maggior numero di seggi (distribuiti fra tre partiti).
Periodo di riferimento: 2018
I risultati delle elezioni politiche 2018 non determinarono automaticamente una maggioranza parlamentare. Il sistema dei partiti tripolare e la controversa legge elettorale, Rosatellum bis, avevano in realtà prodotto una sorta di pasticcio elettorale, poiché una “coalizione di governo”, ovvero una coalizione che aveva fatto leva principalmente sul sistema elettorale maggioritario, non era riuscita a ottenere la maggioranza assoluta dei seggi e si confrontava con un singolo partito politico, il Movimento 5 Stelle, che nonostante fosse penalizzato dal maggioritario era diventato la prima forza politica del paese. La formazione di una maggioranza parlamentare sembrava quindi un rebus impossibile, ma la relativa tranquillità della situazione economica e istituzionale consentiva di prendere tempo e prolungare le trattative tra i partiti.
Periodo di riferimento: 2018
Il quadro politico delineato dalle strategie e dai risultati delle elezioni politiche 2018 era complesso. Per un verso il sistema dei partiti tripolare comportava la necessità che uno dei tre poli collaborasse con altri partiti per formare una maggioranza parlamentare. Per l’altro verso, il sistema elettorale implementato con il Rosatellum aveva di fatto determinato due vincitori (un partito e una coalizione) e aveva, allo stesso tempo, cristallizzato le coalizioni limitando la mobilità dei singoli partiti politici.
Periodo di riferimento: 2018
Dopo lunghe ed estenuanti trattative tra il Movimento 5 Stelle e la Lega, ovvero tra i due partiti politici che avevano ottenuto i risultati migliori alle elezioni politiche del 2018 (rispettivamente il primo e il terzo partito in base al sistema proporzionale), e grazie alla fermezza e alla pazienza del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, fu nominato il Governo Conte. Questo governo nasceva su basi paritetiche nonostante il peso politico del Movimento 5 Stelle fosse molto più consistente rispetto a quello della Lega che, tuttavia, capitalizzava come singolo partito anche il successo elettorale della coalizione di centrodestra.
Periodo di riferimento: 2018 - 2019
Per un quinquennio o poco più la politica italiana aveva dovuto confrontarsi con un sistema dei partiti tripolare, almeno fino alla formazione del Governo Conte che mise in discussione questo assetto. Il Movimento 5 Stelle, investito della responsabilità di essere il primo partito del paese, aveva preso coscienza che il punto di arrivo della forma di governo parlamentare era la formazione di una maggioranza e di una opposizione per cui la collaborazione con le altre forze politiche era diventata ineludibile. Ma nonostante la formazione del governo Conte, tra l’altro caratterizzato dal ruolo anomalo del Presidente del Consiglio, l’assetto politico del sistema dei partiti restava ancora confusamente tripolare, con il Movimento 5 Stelle e la Lega che costituivano la maggioranza parlamentare, Forza Italia e Fratelli d’Italia che costituivano la coalizione di centrodestra che però si trovava in uno stato di sospensione e, infine, la coalizione di centrosinistra. Una situazione politica intrinsecamente instabile che prima o poi sarebbe dovuta maturare ed evolvere, o eventualmente regredire.
Periodo di riferimento: 2019
Una sintetica panoramica sulle elezioni del 2019 per il rinnovo del Parlamento Europeo, l’organo rappresentativo della popolazione dell’Unione Europea eletto direttamente dai cittadini aventi diritto di voto nei paesi membri dell’UE.
Periodo di riferimento: 2019
Prima delle elezioni europee del 2019 si temeva una forte avanzata delle forze politiche sovraniste che avrebbero potuto interrompere o rallentare il processo di integrazione europea. Tuttavia, la crescita delle forze politiche sovraniste all’interno del Parlamento Europeo fu inferiore alle aspettative e alle proiezioni dei sondaggi. Gli equilibri politici nel Parlamento Europeo non risultarono stravolti da queste elezioni, ma la crescita di consenso delle forze politiche sovraniste all’interno di alcuni paesi, tra cui l’Italia, fu consistente e determinò importanti conseguenze sul piano della politica interna.
Periodo di riferimento: 2019
Le elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo (maggio 2019) avevano acuito la spaccatura nella maggioranza tra Lega e Movimento 5 Stelle, ma un segnale ancora più forte del divario crescente tra le due forze politiche di governo fu l’elezione da parte del Parlamento europeo di Ursula von der Leyen a Presidente della Commissione europea (luglio 2019). Infatti, i parlamentari del Movimento 5 Stelle votarono a favore della candidata europeista del Partito Popolare Europeo, in contrasto con gli europarlamentari della Lega, risultando tra l’altro decisivi per la sua elezione. Il Movimento 5 Stelle, che fino ad allora era stato piuttosto ambiguo nei confronti dell’Unione Europea, aveva rotto gli indugi e scelto di collocarsi tra le forze politiche europeiste. Evidentemente la Lega di Salvini, o quantomeno quella parte della Lega convintamente sovranista, aveva altri piani riguardo i rapporti tra governo italiano e Unione Europea, tant’è vero che poco dopo determinò la crisi del governo Conte (agosto 2019). Tuttavia, per la tempistica e il modo con cui fu aperta la crisi di governo, l’operazione politica della Lega apparve piuttosto ambigua e apparentemente incomprensibile.
Periodo di riferimento: 2019
La formazione del governo Conte bis ha marcato un passaggio politico importante per il Movimento 5 Stelle che ha interotto la collaborazione con la Lega e avviato, non senza consistenti mal di pancia interni, una collaborazione con i partiti di centrosinistra. E' evidente come l’esperienza di governo con la Lega abbia fatto maturare il Movimento 5 Stelle, che essendo un partito politico nato dal basso, ovvero dall’aggregazione spontanea di cittadini, ha scontato una certa dose di ingenuità politica. Protagonista di questa svolta è stato il Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, che contrariamente alle aspettative dei più critici nei suoi confronti, al momento opportuno è riuscito a imporsi sui litigiosi leader della Lega e del Movimento 5 Stelle, al fine di tutelare l’equilibrio dei conti pubblici italiani, la collaborazione con le istituzioni europee e l’alleanza atlantica.
Periodo di riferimento: 2019 - 2020
L’accordo politico tra Movimento 5 Stelle e Partito Democratico finalizzato alla formazione del governo Conte bis aveva chiarito diversi interrogativi rimasti senza una risposta dopo il primo governo Conte, a partire dal dubbio di una possibile rinascita del sistema dei partiti tripolare. L’ingresso del Movimento 5 Stelle nel polo di sinistra fu accolto dalla politica italiana con un certo sollievo, nonostante alcuni politici e commentatori abbiano considerato l’alleanza tra M5S e Partito Democratico una iattura. Il centrodestra liberale, eurpeista e atlantista, sembrava ormai aver definitivamente ceduto di fronte all’avanzata delle destre sovraniste mentre si apriva uno spazio politico consistente per i partiti più orientati a promuovere pragmaticamente crescita economica e progresso tecnologico. Ma questo quadro politico e le aspirazioni di alcuni partiti sarebbero durate poco a causa della pandemia.
Periodo di riferimento: 2020
L’esplosione della pandemia Covid 19 determinò una serie di avvenimenti a catena che travolsero la società, la Pubblica Amministrazione - in particolare il Sistema Sanitario Nazionale - e la politica. Infatti, il quadro politico italiano cambiò drasticamente quando l’intervento finanziario europeo attuato attraverso il Next generation EU costrinse i partiti sovranisti a rivedere la loro posizione nei confronti dell’Unione Europea. La situazione di emergenza aveva ovviamente rafforzato le preorogative del Governo, tant’è vero che sui social media echeggiò l’accusa di “dittatura sanitaria”, facendo emergere un dibattito politico marginale sul presunto indebolimento del Parlamento e della rappresentanza democratica, che però appariva surreale considerato che ormai da decenni il sistema parlamentare italiano è connivente con l’uso della decretazione d’urgenza per la produzione normativa ordinaria. In realtà, la preoccupazione dei partiti politici riguardava l’ingente quantità di finanziamenti che il governo italiano avrebbe dovuto gestire accelerando sulle riforme strutturali, condicio sine qua non per ottenere i finanziamenti europei. Questo meccanismo di controllo, basato sull’erogazione dei finanziamenti solamente dopo l’attuazione degli interventi, avrebbe messo al riparo il governo dalla pressione non sempre trasparente dei partiti politici.
Periodo di riferimento: 2021
La crisi del governo Conte bis è stata innescata dall’insoddisfazione di Italia Viva, il partito guidato dall’ex Presidente del Consiglio Matteo Renzi, riguardo l’elaborazione e la futura gestione del PNRR, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, necessario per mettere a terra entro il 2025 i 191,5 miliardi di Euro di investimenti pubblici finanziati dal piano europeo Next generation EU. Probabilmente, non era nelle intenzioni dei partiti della maggioranza far scivolare la crisi di governo verso la nomina di un governo tecnico e l’allargamento della maggioranza parlamentare, ma fortunatamente l’incarico per la formazione del nuovo esecutivo assegnato dal Presidente della Repubblica a Mario Draghi riuscì a mettere tutti d’accordo, o quasi.
Periodo di riferimento: 2021
Il governo tecnico di Mario Draghi rappresenta l’ennesimo commissariamento del sistema parlamentare italiano che ormai frequentemente non riesce a trovare una soluzione politica per la gestione del potere esecutivo e quando la trova questa conduce abitualmente alla formazione di governi instabili e/o inefficaci. Questa discrasia si è aggravata nell’ultimo decennio ed è destinata ad aggravarsi ulteriormente perché il governo è l’organo costituzionale a cui spettano le funzioni più critiche nel contesto delle relazioni europee e della globalizzazione. Infatti, il governo Draghi è stato visto dall’opinione pubblica come una garanzia di successo per il superamento delle diverse situazioni di crisi e il raggiungimento degli obiettivi economici del paese. La particolarità che distingue il governo Draghi dai precedenti governi tecnici è che la sua formazione non è stata patrocinata per attuare riforme che comportano prevalentemente tagli della spesa pubblica - e conseguentemente un calo dei consensi per i partiti politici più vicini al governo - ma, al contrario, riforme finanziate con un consistente aumento della spesa pubblica straordinaria per alcuni anni e che probabilmente avranno un impatto positivo sull’opinione pubblica.